ll puzzle di Colleferro è completo. L’ultimo pezzo è una centrale turbogas, un impianto per la produzione di energia elettrica alimentato a metano che rilascia in atmosfera ossidi di azoto, monossidi di carbonio e particolato. Una tecnologia da più parti criticata per i rischi derivati dalle emissioni di polveri fini e ultrafini. A breve sorgerà in località Valle Secola, in direzione di Artena. A ridosso dell’abitato. A due chilometri dall’inceneritore, dai camini del cementificio e dal resto degli stabilimenti di un polo industriale che ha avvelenato la Valle del Sacco. Senza che i cittadini se ne accorgessero, l’iter di approv
azione della centrale è giunto a conclusione. «Non sapevamo nulla di quanto stesse avvenendo - dice Albero Valleriani, portavoce della Retuvasa, Rete per la tutela della Valle del Sacco - e ci siamo trovati a confronto con questa minaccia quando la partita era ormai stata giocata».
I cittadini denunciano il «silenzio delle istituzioni» a tutti i livelli: «Come possiamo intervenire sulle scelte che riguardano il futuro della nostra città se nessuno provvede a informarci?» si chiede Valleriani. Stando a quanto racconta la Rete, il Comune di Colleferro non avrebbe provveduto a pubblicare sul proprio sito l’avviso relativo al progetto in corso di approvazione e il comitato sarebbe venuto a conoscenza della questione quando il termine per intervenire era ormai scaduto. «La Secosvim spa, società poponente che già gestisce la fornitura di energia del comprensorio industriale ex Bpd - racconta Valleriani - avrebbe depositato gli elaborati di progetto presso il Comune il 20 febbraio del 2009. In piena emergenza ambientale. Solo un mese prima, il sindaco di Colleferro, Mario Cacciotti (eletto per il Centro-destra con una lista civica), aveva rassicurato i cittadini ribadendo che “non avrebbe mai dato il suo assenso” alla realizzazione della centrale turbogas».
La partita della turbogas si gioca quasi tutta nei mesi successivi all’ennesimo allarme ambientale e sanitario che ha scosso i residenti della Valle del Sacco. Sempre tra gennaio e febbraio del 2009, i risultati di uno studio sullo stato di salute delle popolazioni residenti, condotto dal Dipartimento di Epidemiologia della Asl Roma E, confermavano quelli che a lungo erano rimasti soltanto dei sospetti: il territorio presentava nel suo complesso un quadro di mortalità e morbosità peggiore del resto del Lazio, dovuto principalmente alla lunga attività del complesso industriale.
Come se non bastasse, a marzo la città scopre che l’impianto di incenerimento rifiuti viene gestito in maniera criminale: nei forni si brucia di tutto con gravi danni per l’ambiente e pesanti ripercussioni per la salute dei cittadini. Colleferro accusa il colpo, ma ancora non basta: dopo appena due mesi, infatti, parte l’iter autorizzativo per la realizzazione della centrale turbogas. Gli Enti chiamati ad esprimere il proprio parere sull’opera votano tutti per il sì e la pratica passa velocemente da un ufficio all’altro. L’impianto sostituirà quello attualmente in funzione nel comprensorio dell’Avio e fornirà energia anche per altri insediamenti industriali. A decretarne la definitiva approvazione è la Conferenza dei servizi dell’11 dicembre 2009. All’appello però, almeno dall’analisi del resoconto stenografico dell’incontro, mancano due importanti attori: la Asl locale e Arpa Lazio.
«Come si può rilasciare un’autorizzazione senza il parere di uno dei principali enti di controllo come l’Arpa», si chiede la Rete di tutela della Valle del Sacco. Aggiunge Valeriani «Perché l’amministrazione comunale di Colleferro non ha richiesto alla Asl di competenza (RmG) di riferire sull’impatto per salute dei cittadini?». Di fronte alle polemiche, la scorsa settimana il Sindaco ha riunito titolari del progetto e associazioni (con l’esclusione però del Comune di Artena, coinvolto a suo malgrado in questa vicenda per motivi di vicinanza geografica), decidendo la sospensione dei lavori per 7 giorni.
Su proposta di un consigliere comunale, Leone del Ferraro, è stato dato incarico al Cnr di giudicare l’opportunità dell’impianto tenendo conto del contesto. Ma, per le associazioni ambientaliste attive nel territorio non si tratta che di una magra consolazione: «Cercare di includere i cittadini nelle decisioni da assumere con l’autorizzazione già rilasciata, - scrivono in una nota - rappresenta tutto, tranne la restituzione del diritto leso». Ora, secondo i comitati, non resta molto da fare: «Due gli scenari possibili - dicono - o revocare l’autorizzazione pagando un risarcimento milionario a favore della società proponente, oppure tenere la borsa chiusa e scaricare il danno su ambiente e salute».
Ma Colleferro non ci sta. «Stiamo valutando con i nostri legali la possibilità - spiegano i Comitati - di sollecitare l’apertura di una procedura d’infrazione contro l’Italia da parte della Direzione generale Ambiente della Commissione europea, per l’avvio delle procedure autorizzative in palese violazione della direttiva 2003/04 ». La Rete si riferisce alla Convenzione di Aarhus che prevede il diritto alla partecipazione dei cittadini nelle scelte pubbliche in materia ambientale. Colleferro è finita in un vicolo cieco che poteva essere evitato. Secondo le associazioni, la realizzazione di impianti ad energia rinnovabile, avrebbe risolto i problemi di fabbisogno per le aree industriali, senza i problemi connessi alla costrizione di una centrale turbogas. «Essere epicentro di un’emergenza ambientale, aver inquinato acqua, aria e suolo, minato la salute dei cittadini, anziché provocare sensi di colpa e concreti cambiamenti di rotta, sembra diventare quasi un titolo di merito - dicono dalla Rete dei Tutela della Valle del Sacco -. Gli errori del passato vengono usati come un alibi per commetterne altri, assicurando ancora una volta, solo gli interessi di pochi a danno dell’intera collettività».
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