giovedì 22 dicembre 2011

Documentario - Non son l'un per cento; Anarchici a Carrara. Discutendo di anarchia, valori e ideali. Dopotutto "ma come si fa a non essere anarchici"?


Per chi ancora crede che l'uomo non debba necessariamente demandare la propria vita ad un potere superiore ed estraneo. Per chi ancora nel cuore sa che la libertà non è stata ancora raggiunta e, anzi, siamo ben lontani dal conquistarla. E per chi ha ancora il coraggio di guardare negli occhi ogni ingiustizia, perchè come scriveva Kropotkin nella "Morale anarchica", "la lotta è vita". A voi tutti che ancora credete che un altro modo di stare assieme è possibile è rivolto il bellissimo e interessantissimo documentario di Antonio Morabito uscito nel 2007. Una fitta discussione sugli ideali e i valori dell'anarchia ambientata a Carrara, capitale internazionale dell'anarchismo.Protagonisti del simposio il professore universitario Gigi Di Lembo, lo storico Massimiliano Giorni, l'editore Alfonso Nicolazzi, lo scultore Dominique Stroobant e il tipografo Donato Landini.
Il regista prende in esame le tappe fondamentali del movimento anarchico lungo tutto il '900: la guerra civile spagnola, i partigiani e la fine del secondo conflitto mondiale, i traguardi raggiunti nel corso degli anni fino ad arrivare ai movimenti contemporanei che in maniera nuova affrontano i problemi della contemporaneità. Uno splendido viaggio intellettuale in un mondo ancora oggi vivo e propositivo. Dopotutto un po' tutti vorremmo essere anarchici.

lunedì 19 dicembre 2011

Inshallah, di Antonio Laforgia. Il viaggio di Mohamed Alì attraverso l'Italia nell'Europa dei mille confini


Quello che vi presento oggi è il primo bel documentario di un mio amico, Antonio Laforgia, dal titolo Inshallah - Il viaggio di Mohamed Alì. Il tema del suo lavoro, di strettissima attualità, riguarda le ultime ondate migratorie che hanno interessato l'Italia a seguito della cosiddetta "primavera araba". Insieme al protagonista del film, Mohammed, il regista raccoglie la sfida lanciata dal nostro paese e dall'Europa più in generale ad ogni migrante che, volente o nolente, lascia la sua terra per migliorare la propria vita. Questa sfida è fatta di mille impedimenti, di decine di Cie (centri di identificazione e espulsione), compromessi burocratici tanto cinismo ma anche molta umanità; come quella dimostratata lungo il cammino di Mohammed verso il suo sogno, il permesso di soggiorno a tempo indeterminato, da tante persone che non seguono la linea del rifiuto tracciata dal nostro come dalla maggioranza dei governi del vecchio continente. Un bagliore di speranza fatto di amicizia e accoglienza in fondo al tunnel di questi tempi bui.

Il trailer del film ( di seguito trovate anche la sinossi e scheda tecnica del documentario e le note di regia, con il link per il sito ufficiale del film)

Link di Inshallah - Il viaggio di Mohamed Alì: http://inshallahthemovie.wordpress.com/




INSHALLAH. IL VIAGGIO DI MOHAMED ALì
Italia 2011, ’59

GENERE: Documentario-Instant movie

Con Mohamed Alì Lassoued

Regia: Antonio Laforgia

Montaggio: Marianna Fumai

Musiche originali: Simone Martorana, Nickolai Ahlfors

Mix audio: Renato Minichelli

Traduzioni: Angelo De Matteis

Inshallah è la storia di Mohammed Alì, un ragazzo tunisino di 26 anni. E’ la sua storia, ma è anche quella di un’intera generazione, protagonista della rivoluzione tunisina prima e di un esodo di massa verso l’Europa poi. Ed è la storia di un Paese, l’Italia, che si ritrova ad essere sia il primo approdo, la salvezza, che un ostacolo da superare per raggiungere la Francia ed un sogno di libertà. La rivoluzione, poi la fuga e la paura nel Mediterraneo in tempesta, il caos di Lampedusa, l’incubo costante del rimpatrio: Dalì racconta il suo viaggio con le parole e con i video girati dal suo cellulare. E poi l’arrivo in Puglia, e la speranza che torna a trasformarsi in angoscia quando si ritrova dentro la gigantesca tendopoli di Manduria. Anche lui, come tanti altri, scavalca quel recinto che lo tiene rinchiuso e dall’altra parte incontra dei suoi coetanei baresi, che decidono di aiutarlo a scappare. Per le autorità è più che mai un clandestino, ma a Bari Dalì scopre il volto umano della terra in cui è approdato, l’amicizia e la complicità di ragazzi non poi così diversi da lui. Dopo lunghi tentennamenti il governo concede un permesso umanitario di sei mesi a lui e alle altre migliaia di tunisini sbarcati, e Dalì decide di riprendere il suo viaggio verso la Francia, per ricongiungersi allo zio. Assieme a lui i suoi nuovi amici, ed in mano una telecamera con cui raccontare il resto della sua avventura. A Ventimiglia l’incontro con altri ragazzi tunisini, bloccati assieme a lui davanti ad una nuova frontiera che sembra volergli chiudere la strada del futuro.


Note di regia

Mi trovavo a Bari. Me ne stavo tranquillo a bere una birra fuori dal solito locale quando vidi arrivare tre ragazzi. Li avevo conosciuti qualche tempo prima. Ma le loro facce erano diverse dal solito. Diverse da quelle di tutti gli altri lì intorno:erano appena tornati dalla tendopoli di Manduria. Mi è bastato ascoltare qualche parola dei loro racconti per essere assalito da un senso di inquietudine. La mattina dopo sono partito per Manduria con alcuni di loro. La mia regione, la Puglia, grande molo del mediterraneo, tornava ad essere approdo di migliaia di persone in cerca di un futuro migliore, così come era stato per gli albanesi quando ero ancora un bambino. Ed io volevo guardarli in faccia quei “clandestini”. Gli stessi ragazzi che fino a poche settimane prima erano stati acclamati a gran voce per aver liberato il proprio Paese dalla dittatura e che adesso, dopo averlo abbandonato a rischio della vita, venivano dipinti come una grave minaccia da respingere. Rinchiusi dentro le recinzioni di un enorme tendopoli il loro sguardo si incrociò da lontano con il mio. La loro angoscia mi raggiunse, la loro impotenza mi rivelò la mia. E’stato allora che ho incominciato a camminare sconsolato lungo un sentiero di campagna, fino ad arrivare ad un piccolo rudere abbandonato. Ed è stato lì che ho incontrato Dalì, di pochi anni più piccolo di me, con il terrore dipinto sul volto. Mi è bastato poco per decidere che avrei raccontato la sua storia, e attraverso di lui quella di tutti gli altri tunisini. E mi è bastato poco per decidere che l’avrei portato via di lì, e che il suo viaggio alla ricerca della libertà sarebbe diventato anche il mio.


mercoledì 14 dicembre 2011

Roma-Le immagini shok (sic!) del tentativo di aggressione, da parte di alcuni manifestanti senegalesi, alla sede romana di Casapound



(Roma) Le immagini parlano da sole. Ieri sera durante la manifestazione promossa da un gruppo di senegalesi per esprimere solidarietà nei confronti dei propri connazionali uccisi a Firenze, ci sono stati momenti di ALTISSIMA!!!!! Tensione. Alcuni manifestanti hanno tentato di assaltare, in silenzio e senza farsi vedere, magari perchè neri e dunque aiutati dalla Notte, la sede romana di CassaPound. Lo scoop di youreporter è scioccante. La polizia, in pigiama anti sommossa, è stata impegnata duramente e per lunghe ore dai manifestanti nel gioco del guardiamoci in faccia e vediamo chi ride prima. La gente del quartiere ha parlato di sbadigli fino a slogarsi le mascelle; molti agenti sono rimasti feriti nell'orgoglio per non aver dovuto tirare nemmeno una manganellata, tanto che hanno deciso di rifarsi prendendo a calci un cane che passava di li. I neofascisti, asseregliati nel loro fortino, hanno risposto con un fitto lancio di coriandoli, riuscendo così a respingere i 4 assalitori e le due ottantenni romane che per solidarietà avevano messo a disposizione del corteo il loro ombrello.
Alla fine i funzionari delle forze del disordine si sono accorti di essere rimasti da soli a fare da balia alle due pizzerie e tre bar della zona, e hanno così deciso di sbaraccare. Andati via loro nel quartiere è tornata la tranquillità!!!!

Vendemmia Molise 2011 all'insegna della tintilia doc e della qualità (dal sito www.termolionline.it)


Link originale: http://www.termolionline.it/notizie/vendemmia-2011-allinsegna-della-tintilia-doc-e-della-qualiteagrave-27932.html

TERMOLI. È tempo di vendemmia, di raccolta di uve, a bacca bianca e rossa, provenienti da una gamma vasta di vitigni che determinano i caratteri di questo o quel vino, insieme alla esposizione ed ai fattori pedo - climatici, cioè al luogo che origina la qualità.

Perché la qualità, per chi non lo sa, è nell’origine e ciò è dimostrato dal significato e dalle finalità delle D.O. (denominazione di origine), cioè dalle Doc e dalle Docg che disciplinano appunto l’origine della qualità.

Nel Molise la vendemmia 2011 si è aperta sotto i migliori auspici soprattutto per la qualità, che sarà ottima grazie ad un andamento stagionale che è proceduto senza intoppi e senza problemi, rispecchiando un dato nazionale che parla di una riduzione in quantità, di fronte alla vendemmia 2010, ed un netto miglioramento della qualità per una grande annata tutta da ricordare.

Una vendemmia all’insegna di un grande e significativo risultato che tocca l’immagine della qualità dei vini e dello stesso Molise, il riconoscimento della Doc “Tintilia”, che, oltre a definire il ruolo di questo vino di vettore dell’intera gamma dei vini molisani, dà al Molise la titolarità di questo prezioso vitigno autoctono che, così, diventa, con il suo nome, esclusivo della nostra regione.

Un risultato importante che permette alle istituzioni, alle aziende vitivinicole e alle loro organizzazioni professionali e cooperative di sviluppare con grande serenità tutte le politiche e le iniziative che servono a comunicare, promuovere e valorizzare la qualità e i caratteri di questo vino.
Così come ha già fatto, a cavallo di agosto-stettembre, la Cia del Molise con la iniziativa “Terra di Tintilia”, sviluppata tra Mirabello e Ferrazzano, cioè in quel territorio che ha saputo conservare questo patrimonio dell’ampelografia regionale e che più di altri produce uve di Tintilia e quel vino “a tenteje o tentije” che, fino a qualche decennio fa, in molti luoghi del Molise, in particolare a Campobasso e dintorni, voleva dire e significare il vino.
Una iniziativa dalle straordinarie potenzialità che, non a caso, ha riscosso un pronto ed immediato successo da parte degli amministratori e, soprattutto, delle popolazioni locali che si sono sentite protagoniste con il loro vino di sempre, oggi Doc “Tintilia”.
C’è da dire che la superficie a “Tintilia” rappresenta poco meno del 5% della superficie vitata molisana, che, per chi non lo sa, è composta da un 70% di uve a bacca rossa e di 30% di quelle a bacca bianca, con le uve di “Montepulciano” che rappresentano quasi la metà dell’intera superficie vitata del Molise e il 60% delle uve rosse.

A dominare, invece, il quadro delle uve bianche è, per il 60%, il vitigno “Trebbiano” (il più diffuso in Italia insieme al “Sangiovese”, che il primato delle uve rosse). Seguono le uve di “Montepulciano”, sempre per i vini rossi molisani, quelle di Sangiovese (15%) e di Cabernet Sauvignon (15%) e di altri per il rimanente, tra i quali l“Aglianico”.

Al “Trebbiano” si accompagnano per il 10% cadauno lo “Chardonnay” e il “Pinot grigio” e poi altri con il “Bombino”, la “Malvasia” e il “Moscato” prevalente, quest’ultimo, soprattutto nella zona di Montagano.

Un patrimonio importante di uve che fanno da base alle oltre 20 tipologie di vini raccolti nelle quattro Doc: quelle storiche “Biferno” e “Pentro o Pentro di Isernia”, che la rinnovata cantina Valerio di Monteroduni ha riportato a nuova luce; Molise o del Molise” e, come dicevamo, “Tintilia”.
Per la qualità in bottiglia sono impegnate 25 aziende, di cui quattro a carattere cooperativo, che, nonostante la gran parte di recente costituzione, vanno affermandosi sui mercati, ottenendo significativi e importanti riconoscimenti che poi si traducono in aumento delle vendite ed in crescita di attenzione per il Molise.

W la Tintilia, W il vino del Molise.

martedì 13 dicembre 2011

Tintilia Doc del Molise di fonte zaino, della cantina Il Vignale: la misteriosa e affascinante storia dell'unico vitigno autoctono molisano


Cari amici, oggi, in maniera un po' inusuale per questo blog, voglio farvi conoscere un prodotto davvero speciale. Si tratta di un vino, il Tintilia, intimamente legato al mio Molise; per molti anni dimenticato, ha rischiato addirittura di scomparire perchè il vitigno da cui si ricava è stato pressocchè abbandonato o impiantato in zone non adatte. Il motivo di tutto ciò, come ormai troppo spesso accade per svariate colture, riguarda la sua scarsa produttività e difficoltà di adattamento a condizioni meteo e territoriali non appropriate. Per anni gli agricoltori molisani hanno preferito mettere da parte il Tintilia, di elevata qualità ma di scarsa resa, preferendo altre colture più comuni ma con un'alta produttività. Il mercato richiedeva questo. Oggi però che un po' dappertutto si stanno riscoprendo colture antiche e di qualità straordinaria, avere un vitigno autoctono a portata di mano è sembrata essere una buona chance di impresa per alcune aziende molisane del settore vitivinicolo, dando anche la possibilità ad altre imprese di nascere proprio in seno alla produzione del Tintilia. Si è così potuto mettere insieme il fattore culturale legato alla terra e agli antichi sapori, di cui il Tintilia in Molise è un sommo rappresentante, all'opportunità di un tipo di bussiness meno spinto sulla ricerca della quantità e più attento invece alle esigenze di qualità che un certo tipo di mercato oggi richiede.

Il Tintilia che vi voglio segnalare è quello della cantina Il Vignale, che produce un ottimo prodotto a prezzi accessibili.

Per qualsiasi richiesta contattatemi qui: lmenichilli@gmail.com , sarò lieto di fornirvi ulteriori spiegazioni sul prodotto, sul prezzo e sul come acquistarlo. Vi garantisco che il vino è ottimo e ad un prezzo, solo per questo natale, straordinario.


Questa è la scheda del vino:
Scheda tecnica la Tintilia di fonte zaino, Il Vigale sas




Ma ora un po' di storia del Tintilia. Ci sono varie ipotesi, tutte affascinanti ma ancora una certezza sulla provenienza del vitigno non c'è. L'unica cosa sicura è che il Molise è davvero felice che questo illustre rappresentante dell'enogastronomia regionale sia tornato a far parlare di se e a allietare i palati di tutti coloro vogliono scoprire un prodotto nuovo ma autenticamente tradizionale.


Il testo qui sotto riportato è tratto dal sito www.tintilia.net

La storia del Tintilia è ricca di ipotesi ma carente di certezze. Fino a qualche anno fa il vitigno Tintilia è stato sempre considerato come un parente molto stretto del vitigno sardo “Bovale”, tanto che i due vitigni erano egualiati sull’Albo Nazionale dei vini. Per fortuna del Molise, consentitemi di dirlo, delle analisi genetiche condotte sulla Tintilia hanno escluso qualsiasi forma di parentela con il vitigno Bovale confermando di fatto il forte legame del vitigno alla propria terra: unico vitigno autoctono del Molise e uno dei pochi vitigni autoctoni Italiani.

Tornando al problema della provenienza del Tintilia, ad oggi l’ipotesi più accreditata è quella che attribuisce origini spagnole al vitigno, arrivato in Italia intorno al ’700 grazie alla dinastia dei Borboni. A sostegno di questa tesi, si è soliti accostare alcune deduzioni basate sull’etimologia della parola “tintilia”. In spagnolo l’aggettivo “tinto” significa “rosso” pertanto il nome “tintilia” testimonierebbe la particolare forza cromatica degli acini del vino che che determinano il caratteristico coloro rosso intenso del vino.

Tuttavia l’uso del condizionale è doveroso: le origini spagnole del tintilia sembrano infatti fondate ma non bisogna dimenticare che la crisi dell’impero romano determinò una crisi profonda della produzione del vino e il crollo di tutte le classificazioni fatte fino ad allora. Bisogna aspettare la fine del Medioevo per assistere ad un’opera di recupero e riclassificazione dei vini, a cura soprattutto dei monaci Benedettini e Cistercensi. Dalle poche informazioni rimaste vennero individuate due categorie principali: uve greche ed uve latine. Tutti gli altri vitigni privi di tracce o testimonianze storiche invece, furono identificati utilizzando dei nomi derivanti dalla provenienza geografica oppure dettati da caratteristiche tipiche del vino come ad esempio il colore della bacca.

Le prime tracce esplicite del Tintilia in Molise risalgono al 1800, in particolare, un censimento degli ultimi anni dell’800 testimonia come il tintilia fosse il vitigno più coltivato nella regione, in particolare nella zona centrale del Molise (provicnia di Campobasso).
Nel 1900 il Tintilia (in particolare il “Sannio Rosso”, vino di Tintilia in purezza), riceve la medaglia d’oro alla mostra vinicola di Parigi.
L’inizio del ’900 la filossera mise in grave pericolo la sopravvivenza del vitigno, ma il vero rischio di estinzione si ebbe intorno agli anni ’60. Si cercò infatti di spostare la coltivazione del vino Tintilia verso le aree costiere da poco bonificate con lo scopo di aumentare la resa di un vitigno che per sua natura invece ha una bassa resa. Il Tintilia però era totalmente incopatibile con il nuovo territorio rischiando addirittura di estinguersi.

Per fortuna negli ultimi venti anni c’è stato un forte impegno da parte delle istituzioni e degli addetti ai lavori locali che non solo hanno salvato il vitigno ma lo hanno rilancianto prepotentemente nel palcoscenico Nazionale dei vini, rendendolo un vino degno di nota.

Come abbiamo precedentemente affermato le origini sono incerte e sono in tanti a sostenere natali diversi per il vitigno molisano. Molto interessante è l’ipotesi del sig. Livio Palazzo, viticoltore e produttore di Tintilia in Baranello, che, mosso innanzitutto dalla passione, ha spulciato gli archivi storici Molisani trovando degli elementi che lo hanno portato pensare un’origine diversa del Tintilia.

In primavera, quando la tramontana si affievoliva e cominciava a spirare il vento di Levante, portando calore e profumi, il mare Adriatico da grigio si faceva azzurro ed ondulato, arrivavano i mercanti greci sulle coste pugliesi. I mercanti dalle navi con vele quadrate e le stive gonfie barattavano i raffinati prodotti dell’oriente con grano, lana, formaggi. I pastori sanniti che avevano svernato in Puglia con le loro greggi, dopo i baratti prendevano i tratturi per tornare ai pascoli estivi ed alle loro dimore sui monti dell’Appennino centrale.

La civiltà greca già permeava i Sanniti quando Roma era solo un villaggio di pirati fenici. I greci portarono la vite , domesticata in Persia e lungo le rive del mar Nero, la coltivazione della vite si diffuse così intensamente tanto che loro stessi chiamarono quella parte d’Italia meridionale Enotria. La vite – in greco Jursos- tradotto come “bastone delle baccanti” (Antonio Colò-Attilio Scienza), porta miti e riti: la fermentazione ha qualcosa di speciale, sacralità rafforzata in seguito anche dal cristianesimo. La riproduzione della vite per seme favorisce l’inserimento di geni selvatici nelle piante coltivate, ciò ha dato origine a cultivar autoctoni adattati al territorio.

Si attribuisce origine greca alla Falanghina, al Greco di Tufo, al Primitivo di Manduria e sicuramente ciò è vero anche per la Tintilia. Quest’ultima diffusa nell’antico “Contando de Molisio” ristretto areale molisano e dell’alto Sannio ad un’altitudine superiore di 450-500 mentri s.l.m. Lo studio della seguenza del dna (Cocchini et al.) ha permesso di demolire le tesi degli accademici che la volevano di origine spagnola e sinonimo del sardo Bovale Grande.

L’uva di Tintilia produce un vino robusto come gli antichi pastori ma morbido, caldo e avvolgente come le carezze di una donna. Non per niente il termine Tintilia è assonante con “Tentella”, ragazza viviace, civettuola, ammaliante.