domenica 20 dicembre 2009

Arrestato per lo stupro di un bambino, dopo 35 anni viene scarcerato perchè è innocente




Dopo essere stato accusato dello stupro di un bambino di 9 anni, e aver passato 35 dei suoi 54 anni in carcere, ieri James Bain è stato liberato da un tribunale della Florida. A decretarne l'innocenza è stata la prova del Dna, non ancora in uso al tempo dell'arresto.

All'epoca dei fatti, era il 1974, Bain fu riconosciuto colpevole grazie alla testimonianza, della vittima, cioè un bambino di nove anni in evidente stato di confusione. Nonostante per l'ora del fatto avesse un alibi, Bain, afroamericano, fu condannato all'ergastolo.

Dopo aver lottato per molto tempo da solo, del caso di James Bain hanno iniziato a occuparsi gli avvocati di Innocent projects, un'organizzazione che cerca, dov'è evidente la scarsezza di prove, di arrivare alla verità e alla scarcerazione di persone ingiustamente condannate.

Questo è solo uno dei 247 casi negli Stati Uniti, di persone ingiustamente condannate e poi scarcerate. Ma nessuno era rimasto così a lungo dietro alle sbarre.
Pensate un pò a quanti, invece che condannati a pene detentive, hanno ricevuto la sentenza di morte nonostante fossero innocenti. Dal 1973 ben 129 detenuti finiti nel braccio della morte, in seguito all'emergere di nuove prove, sono stati rilasciati. E su tanti la cui innocenza viene dimostrata è impossibile fare una stima di quanti, invece, sul patibolo ci sono arrivati, da innocenti.

Tutti questi casi hanno un solo comune denominatore: prove confuse, testimoni non attendibili, indagini non accurate e inadeguata assistenza legale. Per molti di questi, non per tutti, c'è un altro elemento comune che da sempre istiga le giurie americane a decidere per la colpevolezza: il colore della pelle. Anche James Bain era nero, e se oggi il razzismo negli Stati Uniti si è comunque attenuato, pensate un pò cosa doveva essere nel 1974, per un nero, affrontare un processo in Florida con un testimone che è sicuro della sua accusa: condanna certa, o quasi.

Il problema è semplice, ma allo stesso tempo spinoso e fondamentale: per il bene della società e per la sua sicurezza è più importante arrivare, nonostante la poca fondatezza delle prove, a una sentenza, oppure cercare di non condannare un innocente? Fate voi.

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