
Date un'occhiata a come è ridotto il nostro territorio. Oltre alla cementificazione e all'inquinamento c'è anche il problema delle cave.
In Italia sono attive (dati riguardanti il 2010) 5.736 cave, mentre quelle dismesse sono 13.016. Purtroppo però non esiste un monitoraggio complessivo della situazione in tutte le regioni d'Italia e se aggiungiamo anche i dati di Abruzzo, Calabria e Friuli Venezia Giulia arriviamo a oltre 15mila cave dismesse. La quantità di materiale estratto nel 2010 è di oltre 130 milioni di metri cubi. Le regioni in cui si etraee di più, e che rappresentano da sole il 50 per cento dell'estrazione italiana, sono Lazio, Lombardia e Piemonte. I materiali estratti sono: sabbia e ghiaia 58,9 per cento, calcare 27,5, pietra ornamentale 8, argilla 5,5 e torba 0,1.
La regolamentazione del sistema estrattivo in Italia è per lo più ferma ad un Regio decreto del 1927, che aveva naturalmente un approccio "sviluppista" alla materia, cioè cercava di incentivare le estrazioni. Ma eravamo negli anni venti e molto in Italia doveva ancora essere costruito, perciò si capisce come questa regolamentazione poteva andare bene per l'inizio del secolo scorso ma non oggi che invece abbiamo un disperato bisogno di preservare il nostro territorio. Nel 1977 ad alcune regioni sono stati trasferiti i poteri in materia ma queste non hanno ammodernato i loro regolamenti e l'impostazione generale è rimasta la stessa del Regio Decreto. In alcune regioni, in particolare del centro-nord, esistono dei Piani cava, ma sono alla completa mercè della potente lobby dei cavatori che, rimanendo nella legalità, dispone del territorio a proprio piacere. Ancora peggiore è la situazione in alcune regioni che non hanno un Piano cave: Abruzzo, Molise, Sardegna, Calabria, Basilicata, Campania, Friuli Venezia Giulia e Piemonte. L'assenza di un

Parlando invece dei guadagni che annualmente l'attività estrattiva assicura ai cavatori, si capisce il perchè questi difficilmente rinunceranno a distruggere il territorio. I ricavi totali annui dell'estrazione italiana si aggirano intorno a 1 miliardo e 105 milioni di euro. A fronte di questa valanga di denaro gli imprenditori pagano alle varie regioni per le concessioni all'incirca 36 milioni di euro. In pratica lo Stato e le regioni regalano territorio a chi vuole reallizare una cava. E' un po' come il discorso dell'imbottigliamento dell'acqua, enormi guadagni privati su beni, come appunto l'acqua e la terra, che invece sono pubblici e dovrebbero essere tutelati. Addirittura ci sono regioni, come la Puglia, dove i cavatori non pagano nulla per la loro attività e nel 2010 hanno guadagnato in tutto la bellezza di 91, 5 milioni euro. Ma anche in regioni dove si paga, ad esempio il Lazio, i costi sono così bassi da essere ridicoli: il rapporto è di 1 a 42, per 200 milioni di ricavi gli imprenditori del buco hanno pagato alla regione solo 4,7 milioni in concessioni.
Gli appetiti come è facile capire sono molti e voraci, ma davvero non possiamo fare niente per fermare questo scempio? Davvero oltre 60 milioni di italiani in futuro dovranno pagare con l'abbassamento della loro qualità di vita l'arrichimento di poche decine di uomini senza scrupoli? Per adesso è così, leggete il rapporto qui sotto e fatevi un'idea. Ci sono molte proposte per migliorare la situazione e adeguarci al resto dell'Europa, prima che sia troppo tardi.
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Rapporto Cave