Articolo pubblicato su Il Manifesto del 20/05/2009
TAGLIO BASSO | di Luigi Menichilli - ROMA
ROMA - L'odissea di un minorenne accusato di spaccio e resistenza a pubblico ufficiale. Ieri il tribunale lo ha rimesso in libertà
Fermato con 3 grammi di hashish, curato con gli psicofarmaci
Arrestato perché sorpreso con tre grammi di hashish in tasca, sottoposto a trattamenti psichiatrici, curato con psicofarmaci e alla fine assolto dal tribunale dei minori di Roma. Una disavventura giudiziaria durata otto mesi durante i quali a Simone, 17 anni, romano, accusato di detenzione, spaccio e violenza a pubblico ufficiale, è sembrato di vivere un incubo. La sua unica colpa sono stati quei 3 grammi di fumo, insieme alla reazione avuta al momento del fermo, quando non ha capito che le persone che lo avevano bloccato in strada erano carabinieri in borghese.
La sua storia ha dell'incredibile, e inizia l'8 ottobre dell'anno scorso. Simone si trova nella periferia romana quando viene fermato dai carabinieri che, perquisendolo, gli trovano addosso i 3 grammi di «fumo». Preso alle spalle il ragazzo reagisce cercando di divincolarsi, guadagnandosi così l'accusa di violenza a pubblico ufficiale. «In caserma - spiega l'associazione tana liberi tutti, che assiste Simone - viene sottoposto a pressioni fisiche e psicologiche e finisce per ammettere tutte le accuse pur di porre fine all'interrogatorio e tornare a casa». Di storie così nel nostro paese, a causa la legge Fini-Giovanardi, ne capitano tante, ma è a questo punto che la vicenda del giovane romano diventa un calvario. Invece di essere rilasciato, Simone viene trattenuto all'interno di un Cpa (Centro di prima accoglienza) di Roma per vari giorni, in attesa di comparire davanti al Gip per l'udienza. A impedire il suo rilascio non sono i presunti reati commessi, ma la sua condizione sociale e familiare. Simone è orfano di madre e il padre ha problemi legali e psichiatrici. Il giudice non ritiene quindi opportuno far risiedere il ragazzo a casa del genitore, tanto più che nei suoi confronti è già avviato un atto di decadenza della patria potestà. Dopo il Cpa per il giovane romano si aprono le porte del CpiM (Centro di pronto intervento minori) di Torre Spaccata, ma gli assistenti sociali, in accordo con le altre autorità, vedono la sua permanenza nella capitale destabilizzante, per via delle cattive frequentazioni che potrebbero renderlo ancora più «instabile di mente». Viene dunque deciso di spostarlo fuori dalla capitale, ma nessuno si sarebbe immaginato che la scelta cadesse sul Cpm (Custodia preventiva minorenni) di Settingiano, una località a 600 chilometri da Roma in provincia di Catanzaro. In pratica Simone viene sradicato dalla propria realtà e allontanato da tutte le persone a lui care. Per di più nel Cpm viene sottoposto anche a cure psichiatriche a base di psicofarmaci che gli procurano effetti collaterali terribili, facendolo stare male. Mentre è recluso in Calabria il suo avvocato tenta di farlo riavvicinare a casa, ma il tribunale del riesame boccia la proposta di domicilio in una famiglia romana. E' l'ultimo tentativo di tirarlo fuori da li. Dal Cpm Simone uscirà soltanto il 23 marzo per decorrenza dei termini di custodia cautelare. Durante la sua odissea nessuno si è preoccupato di assicurargli il diritto allo studio (al momento dell'arresto frequentava regolarmente il 4° superiore) e solo la benevolenza del preside del suo istituto alberghiero gli permetterà di non perdere l'anno. In questo periodo le uniche persone sulle quali ha potuto sempre contare sono stati gli amici del Laboratorio sociale tana liberi tutti, che da quel maledetto 8 ottobre si sono mobilitati e hanno lottato per la sua liberazione, senza «prassi terapeutiche obbligate». Ora Simone può lasciarsi alle spalle la triste vicenda che lo ha visto protagonista, e tornare al suo lavoro, al suo stage e ai suoi studi diciassettenne. Felice e di nuovo libero.
Roma 20/05/2009
lunedì 25 maggio 2009
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