lunedì 19 dicembre 2011

Inshallah, di Antonio Laforgia. Il viaggio di Mohamed Alì attraverso l'Italia nell'Europa dei mille confini


Quello che vi presento oggi è il primo bel documentario di un mio amico, Antonio Laforgia, dal titolo Inshallah - Il viaggio di Mohamed Alì. Il tema del suo lavoro, di strettissima attualità, riguarda le ultime ondate migratorie che hanno interessato l'Italia a seguito della cosiddetta "primavera araba". Insieme al protagonista del film, Mohammed, il regista raccoglie la sfida lanciata dal nostro paese e dall'Europa più in generale ad ogni migrante che, volente o nolente, lascia la sua terra per migliorare la propria vita. Questa sfida è fatta di mille impedimenti, di decine di Cie (centri di identificazione e espulsione), compromessi burocratici tanto cinismo ma anche molta umanità; come quella dimostratata lungo il cammino di Mohammed verso il suo sogno, il permesso di soggiorno a tempo indeterminato, da tante persone che non seguono la linea del rifiuto tracciata dal nostro come dalla maggioranza dei governi del vecchio continente. Un bagliore di speranza fatto di amicizia e accoglienza in fondo al tunnel di questi tempi bui.

Il trailer del film ( di seguito trovate anche la sinossi e scheda tecnica del documentario e le note di regia, con il link per il sito ufficiale del film)

Link di Inshallah - Il viaggio di Mohamed Alì: http://inshallahthemovie.wordpress.com/




INSHALLAH. IL VIAGGIO DI MOHAMED ALì
Italia 2011, ’59

GENERE: Documentario-Instant movie

Con Mohamed Alì Lassoued

Regia: Antonio Laforgia

Montaggio: Marianna Fumai

Musiche originali: Simone Martorana, Nickolai Ahlfors

Mix audio: Renato Minichelli

Traduzioni: Angelo De Matteis

Inshallah è la storia di Mohammed Alì, un ragazzo tunisino di 26 anni. E’ la sua storia, ma è anche quella di un’intera generazione, protagonista della rivoluzione tunisina prima e di un esodo di massa verso l’Europa poi. Ed è la storia di un Paese, l’Italia, che si ritrova ad essere sia il primo approdo, la salvezza, che un ostacolo da superare per raggiungere la Francia ed un sogno di libertà. La rivoluzione, poi la fuga e la paura nel Mediterraneo in tempesta, il caos di Lampedusa, l’incubo costante del rimpatrio: Dalì racconta il suo viaggio con le parole e con i video girati dal suo cellulare. E poi l’arrivo in Puglia, e la speranza che torna a trasformarsi in angoscia quando si ritrova dentro la gigantesca tendopoli di Manduria. Anche lui, come tanti altri, scavalca quel recinto che lo tiene rinchiuso e dall’altra parte incontra dei suoi coetanei baresi, che decidono di aiutarlo a scappare. Per le autorità è più che mai un clandestino, ma a Bari Dalì scopre il volto umano della terra in cui è approdato, l’amicizia e la complicità di ragazzi non poi così diversi da lui. Dopo lunghi tentennamenti il governo concede un permesso umanitario di sei mesi a lui e alle altre migliaia di tunisini sbarcati, e Dalì decide di riprendere il suo viaggio verso la Francia, per ricongiungersi allo zio. Assieme a lui i suoi nuovi amici, ed in mano una telecamera con cui raccontare il resto della sua avventura. A Ventimiglia l’incontro con altri ragazzi tunisini, bloccati assieme a lui davanti ad una nuova frontiera che sembra volergli chiudere la strada del futuro.


Note di regia

Mi trovavo a Bari. Me ne stavo tranquillo a bere una birra fuori dal solito locale quando vidi arrivare tre ragazzi. Li avevo conosciuti qualche tempo prima. Ma le loro facce erano diverse dal solito. Diverse da quelle di tutti gli altri lì intorno:erano appena tornati dalla tendopoli di Manduria. Mi è bastato ascoltare qualche parola dei loro racconti per essere assalito da un senso di inquietudine. La mattina dopo sono partito per Manduria con alcuni di loro. La mia regione, la Puglia, grande molo del mediterraneo, tornava ad essere approdo di migliaia di persone in cerca di un futuro migliore, così come era stato per gli albanesi quando ero ancora un bambino. Ed io volevo guardarli in faccia quei “clandestini”. Gli stessi ragazzi che fino a poche settimane prima erano stati acclamati a gran voce per aver liberato il proprio Paese dalla dittatura e che adesso, dopo averlo abbandonato a rischio della vita, venivano dipinti come una grave minaccia da respingere. Rinchiusi dentro le recinzioni di un enorme tendopoli il loro sguardo si incrociò da lontano con il mio. La loro angoscia mi raggiunse, la loro impotenza mi rivelò la mia. E’stato allora che ho incominciato a camminare sconsolato lungo un sentiero di campagna, fino ad arrivare ad un piccolo rudere abbandonato. Ed è stato lì che ho incontrato Dalì, di pochi anni più piccolo di me, con il terrore dipinto sul volto. Mi è bastato poco per decidere che avrei raccontato la sua storia, e attraverso di lui quella di tutti gli altri tunisini. E mi è bastato poco per decidere che l’avrei portato via di lì, e che il suo viaggio alla ricerca della libertà sarebbe diventato anche il mio.


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