sabato 16 gennaio 2010

La riabilitazione di Craxi e la marchetta di Minzolini







Questo è l'editoriale del direttore del tg1, andato in onda il 13/01/2010






Da qualche anno a questa parte nel nostro Paese è in atto una costante opera di rivisitazione perniciosa degli anni di tangentopoli. Operazione che ha alla base la riabilitazione pubblica in primis dell'esperienza politica premanipulite, bistrattata e troppo velocemente definita un totale disastro, e come fine ultimo degli attori politici del periodo. Naturalmente il massimo esponente dell'ultimo tratto di quella che, erroneamente, viene chiamata la prima repubblica, l'imputato eccellente, il simbolo della decadenza morale e politica del nostro paese è Bettino Craxi. Di fatto uno statista (bisogna vedere però di che tipo), anche perchè presidente del consiglio dalla metà del 1983 alla metà del 1987, in due governi consecutivi. Primo socialista a ricoprire la carica di premier, negli anni del cosiddetto pentapartito (Psi, Psdi, Dc, Pri e Pli). Il giudizio su Craxi genera inevitabilmente opinioni contrastanti: se da una parte la sua opera politica riformatrice è innegabile, ma anche suscettibile di valutazione e di certo non in assoluto positiva, dopo anni di deleterio immobilismo, dall'altra le sentenze a suo carico passate in giudicato, i vari conti personali carichi di denari provenienti dalle casse pubblice e la scelta della latitanza in Tunisia pesano non solo sul giudizio riferito all'uomo, ma anche, e soprattutto, su quello riferito al suo agire politico. Nessuno mette in dubbio che la pratica del finanziamento illegale ai partiti, nell'ambito di una legge che sembrava fatta apposta per favorirla, è stata qualcosa di diffuso a ogni livello e a cui tutte le fazioni politiche hanno fatto ricorso, ma dire che "tutti ladri è uguale a nessun ladro" è a mio parere piuttosto sbagliato. E' altrettanto vero che la questione, prima che a livello giudiziario, doveva essere affrontata a livello politico, ma la stura all'analisi e alla ricerca di soluzioni per il problema è inequivocabilmente stata data dalle inchieste sulla corruzione pubblica. Non credo che la lungimirante politica italiana avrebbe affrontato la questione se non fosse stato per la decimazione politica realizzata nei tribunali. Tornando a Craxi, il giudizio sulla sua opera deve essere ben ponderato e bilanciato tenendo conto anche dei suoi conti privati e della sua latitanza, che non denota affatto una profonda fiducia nelle istituzioni, da lui spesso decantata. Se davvero l'ex premier era convinto della sua innocenza, prima che giudiziaria, politica, perchè non ha affrontato in parlamento e nei tribunali coloro che gli contestavano fatti innegabili?

La marchetta del direttore di Rai uno, Minzolini, è patetica, prima ancora che pericolosa, per vari motivi: innanzitutto perchè esula completamente dall'aspetto giudiziario e dal fatto che Craxi non ha utilizzato il denaro solo per finanziare il suo partito, ma soprattutto per rimpinzare le sue tasche. Dire che la democrazia costa, giustificando in parte la diffusa corruzione presente, tuttora, in Italia, è deleterio per lo spirito civico del nostro Paese, già ai minimi storici, e s
embra quasi avallare l'italica propensione alle scorciatoie, all'idea che il fine giustifica sempre e comunque il mezzo. Nulla di più sbagliato se davvero, almeno idealmente, pensiamo alla politica come a una forma di integerrimo spirito di abnegazione alla causa pubblica. Gli interessi delle varie parti, e i vari modi di vedere la nostra vita sociale possono e devono trovare una sintesi, a volte anche dopo una dura contrapposizione ma sempre rimanendo nell'alveolo della legalità, altrimenti diventa impossibile per un cittadino fidarsi della politica. L'altra menzogna eclatante di Minzolini riguarda l'aver accostato Craxi a Reegan e Giovanni Paolo II, realizzando un minestrone storico di dubbio gusto. Il direttore della prima fonte informativa degli italiani è convinto che a dare il colpo di grazia all'Urss siano stati questi tre personaggi. Quel che hanno fatto il papa polacco e l'ex presidente degli Stati Uniti in quegli anni è noto a tutti, ma Craxi in che modo avrebbe pesato sulla caduta del regime comunista? Secondo Minzolini il merito dell'ex premier è stato quello di aver dato il via libera all'installazione degli euro missili in Italia, in un quadro tattico che vedeva il nostro Paese al centro di una più vasta opera di sopraffazione militare da parte degli Usa nei confronti della Russia, ma che di certo non si può ascrivere come determinante.

Comunque la si vuol vedere, e qualunque sia il giudizio su Craxi, è poco corretto, soprattutto da parte del direttore del più importante tg pubblico italiano, fornire una versione così falsa e a senso unico su di un uomo e un periodo per il quale gli storici necessitano ancora di molto tempo per analizzare e fornire i mezzi di valutazione. Tenendo, però, sempre in conto l'operato tutto dell'uomo politico, e non solo ciò che ci fà comodo osservare. In conclusione il discorso di Minzolini non aiuta nessuno, nemmeno la figura di Craxi, a formare delle opinioni serene e consapevoli sulla nostra storia politica. Gli italiani sempre più spesso, purtroppo, vengono trattati dal potere e dai media come degli stupidi pecoroni privi di cervello. A tal punto che una mera marchetta mediatica, come quella di Minzolini, riesce a influenzare le opinioni della gente in maniera profonda, perché in nessun altro spazio, o comunque poco, viene data la possibilità di controbattere e analizzare in modo più consono ed efficace la questione. Questo a me non va per niente giù.

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