domenica 24 gennaio 2010

Campionato del mondo di calcio Sudafrica 2010: un mondiale per soli ricchi











Nel calcio, si sa, tutto è possibile. Durante i novanta minuti può accadere tutto e il contrario di tutto. Ma questo assioma dal 1978, anno in cui all'Argentina dei colonnelli venne concessa la vetrina dei mondiali di calcio, dal campo da gioco si è trasferito nei palazzi del potere che gestisconono il gioco più bello del mondo. E' possibile, infatti, che a un Paese come il Sudafrica, privo di infrastrutture, attraversato da un'infinità di contraddizioni sociali e con un'economia che privilegia pochi a discapito di molti, generando povertà e criminalità diffusa, sia affidata l'organizzazione del massimo appuntamento calcistico mondiale. Il campionato del mondo di calcio è un'enorme fabbrica di appalti e sponsorizzazioni, che fanno affluire nel paese organizzatore un mare di denaro. Ma in una nazione con i problemi sopra indicati tutto ciò può generarne altri e di non poca importanza. Innanzitutto può essere causa di malcontento sociale: dal 1994, anno in cui Mandela diventò presidente e fu ufficialmente abrogata l'apartheid, molte delle promesse fatte dal nuovo governo e dal nuovo partito dominante (l'African National Congress, Anc), sono state tradite, e lo sfarzo della vetrina calcistica mondiale potrebbe andare a cozzare con la povertà diffusa presente nel Paese. A molti neri, che abitano tuttora gli slum sorti ai margini delle grandi città, erano state promesse case e infrastrutture decenti, prima dal governo Mandela e poi dal suo successore, Mbeki. Per costruire stadi nuovi, strade e per adeguare i mezzi di comunicazione per la massa di persone che in quel mese si sposteranno, soprattutto nelle città più grandi, il governo ha speso miliardi di rand (la moneta nazionale). Tutti questi soldi sono stati, finora, negati alla popolazione, che non ha visto il becco di un soldo per far fronte alle esigenze primarie di sviluppo, ma nche di mera sopravvivenza. Tutto ciò potrebbe diventare inaccettabile e inasprire ulteriormente gli animi già tesi delle persone costrette a vivere in povertà, e che solo da qualche vecchio telivisore scassato potranno assistere alle partite. Inoltre una volta conclusa la manifestazione molti impianti rimarranno inutilizzati o, quantomeno, sottoutilizzati, dato che nel Paese non ci sono campionati, nè di calcio, nè di rugby, che è lo sport nazionale, capaci di portare sessantamila persone allo stadio. Dunque le sfarzose strutture diverranno squallide cattedrali nel deserto della povertà sudafricana, a monito della cattiva gestione del denaro pubblico e del menefreghismo dei governanti per le sorti del proprio popolo.


I sudafricani, in particolare i
neri, avevano riposto grandi speranze nella fine dell'appartheid. Il loro Paese era la democrazia più promettente dell'intero continente africano: stabile, con un enorme potenziale economico e una classe dirigente mista (bianchi e neri), che finalmente realizzavano i sogni d'integrazione del padre della patria, Nelson Mandela. Purtroppo, però, il sogno è finito presto, e la gente ha dovuto fare i conti con una realtà ben più difficile di quel che si pensava. Criminalità nelle grandi città alle stelle, generata dalla sperequazione economica, povertà diffusa, Aids a livelli allarmanti e una elite nera che ha preso tutti i vizi di quella bianca, con in più la grande colpa di aver tradito la propria gente. Uno degli obiettivi principali della nuova classe politica era quello di creare una media borghesia nera, che avrebbe riequilibrato il divario economico presente nel Paese, così da allargare la partecipazione alla vita politica è sociale. Per realizzare questo, però, si sarebbero dovuti portare a scuola molti dei ragazzi che invece non hanno mai ricevuto un istruzione, condannati a vita alla povertà. L'elite, bianca e nera, vive, come anche in Brasile, prossimo organizzatore dei mondiali di calcio e olimpiadi, dietro mura elettrificate, protetta da guardie armate fino ai denti e con l'eterna paura di subire le ritorsioni di quanti non hanno nulla da mangiare. E' l'esilio dorato di una classe che vive in un altro Paese, non quello abitato dalla gente comune, ma quello fatto di splendidi campi da golf, ville sfarzose e macchine lussuose che diventano, in pratica, i moduli di spostamento dimensionale dalla ricca realtà dei club privati a quella delle splendide abitazioni, non scorgendo, dietro ai vetri oscurati, la triste realtà.


Ma il mondiale sudafricano presenta anche altri problemi,
più strettamente organizzativi.
In primis la stagione in cui verranno giocati che, se da noi sarà quella estiva, in Sudafrica coinciderà con l'inverno, dando vita al primo campionato del mondo giocato al freddo e con il brutto tempo. Cosa di non poco conto se si pensa che gran parte dei calciatori delle squadre più importanti avranno alle spalle già mesi di partite a temperature estive. Un altro problema è quello dell'affluenza agli stadi: la squadra di calcio nazionale, i bafana bafana (ragazzi terribili), non sono un granchè, e si rischia che non superino nemmeno il primo turno. Questo comporterà il deserto negli stadi, anche perchè la povera gente degli slum non può permettersi di acquistare i biglietti. Si rischia di vedere partite di cartello con stadi strapieni e partite di minore interesse dove gli spettatori saranno giusto lo staff tecnico delle due squadre. Tutto ciò non andrà giù ai capi della Fifa che, per questioni di estetica televisiva, non possono permettersi stadi vuoti. Addirittura si pensa di far entrare gratis la gente del posto o di pagarli per andare a vedere le partite. Staremo a vedere. Quello che già da ora si sà, è che questa srà l'ennesima manifestazione sportiva dove lo spirito dello sport risiederà, forse, solo nei rettangoli di gioco, non di certo all'esterno.






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