giovedì 21 gennaio 2010

Un ponte per Haiti_Meeting mondiale dei giovani



dal meeting di Bari, Rossella Anitori


«Non si può pensare al sisma come al passato. Non è ora di stilare un bilancio, la tragedia è il presente che dobbiamo affrontare». Quando il terremoto ha devastato il suo Paese Eduard era a Chicago. Quando la forza prorompente del sisma ha raso al suolo Port au prince intrappolando sotto le macerie parenti e amici, il giovane haitiano studiava nell’Illinois. La sua famiglia è salva, ma della sua città non è rimasto nulla. Ieri la sua storia è arrivata a Bari, Edurd l’ha raccontata di persona ai partecipanti del meeting mondiale. «L’aiuto non deve essere pensato come un obiettivo a breve termine, ma come un percorso di collaborazione duratura tra Haiti e il resto del mondo». L’invito che il delegato caraibico rivolge alla Comunità internazionale è di non abbandonare l’isola una volta finito di scavare. «Il disastro è sotto gli occhi di tutti - dice -, ma ancora oggi alcune zone sono rimaste escluse dagli aiuti affluiti nell’isola. I dati ufficiali parlano di 70 mila morti, un numero che non corrisponde neanche ad un decimo delle vite sacrificate dal sisma. E in tanti ancora continuano a morire». Eduard parla a un pubblico fatto di coetanei, attivisti, studiosi ed esperti di politica internazionale: «Riuscite a sentire le urla? Il grido di dolore che viene da Haiti?». La piccola isola caraibica ha bisogno di aiuto per ripartire. Ai danni materiali del terremoto si sommano, infatti, quelli psicologici e morali. «Chi è sopravvissuto a questa catastrofe è sotto shock e necessita di nuove energie per ricominciare - continua il ragazzo -. Abbiamo bisogno di sostegno sanitario, alimentare e sicuramente di infrastrutture. Ma non è abbastanza. Per rilanciare lo sviluppo economico del Paese, annichilito dal sisma, servono soprattutto risorse umane». Eduard indica per il suo popolo la strada dello sviluppo sostenibile e lancia un appello ai giovani di tutto il mondo: «Evitare un terremoto non è possibile, ma si può fare in modo che le sue conseguenze non siano a tal punto catastrofiche». Il giovane haitiano si riferisce alla necessità di costruire case piu sicure, «antisismiche». Un monito che vale per Haiti, ma anche per l’Italia ancora scossa dal terremoto che ha colpito l’Abruzzo. Una pianificazione urbana sostenibile va a beneficio, secondo Eduard, non solo della sua Repubblica ma anche del resto del mondo. Il silenzio commosso si risolve in un sorriso: «Bisogna trarre qualcosa di buono anche da tutto questo» conclude. La speranza è che il popolo della piccola isola caraibica possa presto voltare pagina.


Per seguire tutti gli aggiornamenti dal luogo del disastro, da una voce che non è quella ufficiale dei media internazionali che propongono continuamente solo immagini di caos e disperazione, seguite Radio televisione Caraibes, l'unica emittente haitiana ancora funzionante. Fondamentalmente il grande merito di questa radio è quello di mostrare al mondo anche la voglia di ricominciare e le modalità di autogoverno dei quartieri di Port au Prince, in cui si sono formati innumerevoli comitati che si occupano di tutto: dal primo soccorso fino a rimettere in piedi una parvenza di normalità.

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