lunedì 11 marzo 2013

Fracking: che cos'è e quali sono i rischi della "nuova età dell'oro del gas naturale"



Nell'ultimo decennio il mondo, o quantomeno una parte di esso, sembrava definitivamente essersi avviato verso un maggiore sviluppo delle fonti di energia alternativa e quindi una lenta ma decisa riduzione delle fonti fossili. La ricerca scientifica per l'ottimizzazione di rinnovabili come il sole, l'acqua, il vento, il geotermico etc. ha ricevuto in alcuni paesi un impulso determinante, grazie a politiche energetiche che in qualche modo hanno cercato di ridurre il consumo di idrocarburi e carbone fossile. La Germania si è addirittura prefissata di arrivare a coprire, entro il 2050, il 100% del proprio fabisogno energetico con le fonti rinnovabili. Ma oltre ai tedeschi un po' tutta l'Europa, che è il continente trainante in questo settore, ha implementato la produzione di energia pulita e fatto progetti per un futuro libero dall'anidride carbonica prodotta dalla combustione di gas, petrolio e carbone. Accanto ai temi dell'ambiente l'utilizzo di "energia verde" prometteva ( e promette ) in prospettiva anche una maggiore autosufficienza energetica e libertà dalle bizze dei mercati e dei produttori di idrocarburi, in particolare per quei paesi, come l'Italia, che vedono il proprio territorio completamente sfornito di risorse fossili.

Questo era ciò che ci avevano detto. Ma a quanto pare, forse, non sarà così, perchè a sentir parlare alcuni esperti del settore siamo davanti ad una "nuova era degli idrocarburi e del gas naturale". Si, perchè a differenza di quello che credevamo, e che la Teoria di Hubbert suggeriva, cioè che le risorse fossili stimate, ed economicamente sfruttabili, presenti sul pianeta fossero ormai agli sgoccioli, in realtà in alcuni luoghi del mondo sono celate immense riserve vergini di gas naturale e petrolio, rese finora inaccessibili dall'assenza di una tecnologia per l'estrazione economicamente vantaggiosa. Oggi però quelle risorse fanno gola a molti, grazie ad una nuova/vecchia tecnica chiamata Fracking  (abbreviazione di hydraulic fracturing, che significa fratturazione idraulica). Un processo di stimolazione di giacimenti petroliferi messo a punto nel 1947 negli Stati Uniti,  ed utilizzato commercialmente per la prima volta nel 1949 dalla Halliburton. Questa tecnologia permette l'estrazione in particolare di gas naturale, ma anche petrolio quando si è in presenza di scisti bituminosi, da quelle che sono chiamate rocce scistose o scisti. Voi vi chiederete: cosa diavolo sono queste scisti? Non una malattia evidentemente, ma delle formazioni di rocce argillose  nelle cui microporosità è intrappolato del gas che non ha completato il proprio percorso naturale di risalita e si trova dunque a grandi profondità. L'argilla è scarsamente permeabile; per cui questi giacimenti non possono essere messi in produzione spontanea, come avviene nei giacimenti convenzionali, ma necessitano di trattamenti per aumentarne artificialmente la permeabilità (fonte: wikipedia). E proprio questa non concentrazione del gas in un unica sacca, e la bassa permeabilità delle rocce, fino a poco tempo fa era il problema che ne sanciva l'antieconomicità per lo sfruttamento commerciale. Non era possibile, come avviene in qualsiasi altro giacimento di gas "convenzionale" (il gas da scisti è invece detto "non convenzionale"), trivellare in verticale, arrivare alla sacca e poi tirare su la risorsa proprio per il problema sopra descritto. Fino a poco tempo fa, perchè all'incirca dall'inizio del XXI secolo una piccola compagnia petrolifera americana del Texas, la Mitchell Energy, nel giacimento di Barnett Shale in Texas, unendo due tecnologie già conosciute, come la fratturazione idraulica e la trivellazione orizzontale, e andando contro lo scetticismo delle grandi multinazionli del petrolio, ha risolto il problema, aprendo l'era dello sfruttamento dello "shale gas", come viene chiamato in inglese. 

                          

Come avviene il processo di estrazione

La tecnologia della "fratturazione" consiste nel trivellare, con una trivella cava che permette il passaggio di liquidi ed altri materiali al proprio interno,  fino ad una profondità che varia tra i 1500 e i 6000 metri (la maggior parte dei giacimenti si trovano compresi fra queste quote). Una volta raggiunte verticalmente le scisti, dato che il gas non è racchiuso in un'unica sacca ma distribuito per tutta la formazione rocciosa, si prosegue per via orizzontale. Terminato il processo di perforazione attraverso la trivella viene sparato ad altissima pressione, per generare profonde fratture nello strato di roccia, un misto di acqua e sabbia, che serve per non far richiudere le fratture, insieme a centinaia di additivi chimici che favoriscono la risalita del gas a quote più facilmente accessibili. Il problema ecologico sorge proprio in questo momento, quando la mistura di acqua, gas e composti chimici risale e incontra le falde acquifere inquinandole in maniera micidiale



  I problemi per l'ambiente e questione economica
. Le aziende americane che operano in questo settore non hanno l'obbligo di dichiarare quali sostanze utilizzano per il processo di fracking, ma grazie ad alcune analisi indipendenti sappiamo che, tra le altre, nel mix di additivi si possono trovare naftalene, benzene, toluene, xylene, etilbenzene, piombo, diesel, formadelhyde, acido solforico, thiourea, cloruro di benzile, acido nitrilotriacetico, acrylamide, ossido di propilene, ossido di etilene, acetaldehyde. Ma anche uranio, radio e mercurio, tutte sostanze cancerogene e radioattive, molto nocive per la salute dell'uomo. Le malattie legate a questa pratica vanno dall'asma ai tumori più disparati e danni al fegato e ai reni causati da un misterioso componente non ancora identificato, di cui conosciamo soltanto la sigla, EXP-F0173-11 . Roba da far gelare il sangue nelle vene. Ancor di più se si pensa che negli Stati Uniti sono oggi attivi più di 20mila pozzi, e il numero è destinato inesorabilmente ad aumentare. Oltre alle malattie c'è poi la desertificazione dei terreni sovrastanti i giacimenti, l'inquinamento atmosferico, dato dalla dispersione fisiologica nell'atmosfera di circa il 7,5% del gas estratto, e una non ancora ben chiarita relazione con dei terremoti accaduti nelle vicinanze di alcuni giacimenti. Tra questi, l'episodio più vicino a noi, in cui è stato messo in relazione un terremoto con la pratica del fracking, riguarda il sisma che ha colpito l'anno scorso l'Emilia-Romagna, ma gli studi su quest'attinenza sono ancora allo stadio iniziale. Accanto a tutto ciò c'è poi il problema dell'acqua potabile mista a gas: in alcune case vicine alle zone di estrazione, se si avvicina una fiamma ad un rubinetto aperto l'acqua si incendia. In un caso l'abitazione di un uomo è esplosa. Per ora però lo sfruttamento dello shale gas è una questione che riguarda soprattutto gli USA, dove si è diffuso maggiormente in stati come la Pennsylvania, Texas, Wyoming e Colorado, mentre New York e Illinois stanno valutando la sua adozione. Finora solo il piccolo e liberal Vermont ha vietato il fracking. Ed è proprio negli Stati Uniti che si sono registrati i maggiori danni all'ambiente. Un rapporto pubblicato nel 2010 da un’associazione della Pennsylvania ha dimostrato che dal gennaio 2008 all’agosto 2010 ci sono state ben 1435 violazioni delle leggi statali sull'estrazione di petrolio e gas, e che almeno 952 di queste hanno avuto effetti negativi sull’ambiente (fonte: noncicredo.org). A rischio, come si vede nel documentario Gasland del regista Josh Fox, che ha portato alla ribalta mondiale il problema, è addirittura il fiume Delaware, ben presente nella memoria storica americana perchè la notte di natale del 1776 fu attraversato da George Washington alla testa dell sue truppe, in quello che fu uno dei primi atti della guerra d'indipendenza americana. Oltre a questo significativo evento storico il problema oggi è rappresentato dal pericolo che corrono le sue acque, un bacino idrografico tra i più grandi al mondo e il più importante d'America, che rifornisce di acqua potabile all'incirca 15 milioni di abitanti sparsi fra Philadelfia e New York. L'acqua, come abbiamo visto prima, è fondamentale nel fracking, perchè ad altissima pressione procura le fratture nella roccia e veicola la sabbia e gli additivi chimici. Il consumo di acqua nel processo è altissimo: per ogni pozzo ne vengono utilizzati dai 4 ai 10 milioni di litri, e ogni pozzo può essere fratturato fino a 20 volte. Tutto ciò significa, per il solo stato della Pennsylvania, un consumo annuale di acqua per il fracking che varia dai 150 ai 300 miliardi di litri. Sarebbe da pazzi e criminali mettere in pericolo una tale risorsa, base stessa della vita umana, ma tant'è, oggi il gas la fa da padrone. In questi anni in America si sono organizzati numerosi movimenti di protesta Anti-fracking, ma la grande remuneratività di tale sistema di estrazione rende difficile la salvaguardia dell'ambiente e delle persone. Nel sottosuolo nord'americano secondo l'EIA (Energy Information Administration) ci sarebbero circa 21 mila miliardi di metri cubi di gas. Una quantità enorme, tale da far parlare di "America Saudita". Le stime delle riserve accertate, più 1600 miliardi di metri cubi che secondo l'EIA si trovano in giacimenti ancora inesplorati, faranno degli Stati Uniti nei prossimi dieci anni il primo produttore al mondo di risorse fossili, procurando al paese un risparmio di molti miliardi di dollari e soprattutto l'affrancamento dalle turbolenze del medio-oriente, da cui oggi gli States acquistano la maggior parte del petrolio. Questo sarà nei prossimi anni un elemento decisivo per decidere se e come sfruttare lo shale gas, anche a discapito dell'ambiente. Vedremo cosa accadrà, per il momento la pratica è poco regolamentata e lasciata in balìa di molti piccoli produttori che, per far quadrare i conti e cercare di lucrare al massimo sulle proprie concessioni, non si fanno molti scrupoli sulla tutela delle persone e dell'ambiente. Sono molte le cause avviate in vari stati per danni agli uomini e per inquinamento ambientale, ma il peso economico delle società spesso ha la meglio, soprattutto perchè ai proprietari dei terreni circostanti i pozzi vengono offerte ingenti somme di denaro per vendere la terra e trasferirsi altrove e, com'è facile capire, in molti abbandonano la lotta pur di ricominciare a vivere una vita sana e normale. Alla base della questione legale collegata al fracking c'è la legge federale del 2005 promossa da George Bush e Dick Cheney, denominata "Energy Policy Act", che permette alle aziende che operano nel campo energetico di bypassare norme come il Safe drinking water act (per la difesa dell'acqua potabile), o il Clean air act e il Clean water act, tutte leggi  varate negli anni '70 per tutelare le risorse ambientali, in particolare l'acqua potabile. Il caso ha poi voluto che la maggior parte delle riserve si trovasse in regioni, come quelle medio-orientali degli Stati Uniti, economicamente depresse e spesso poco densamente abitate, rendendo ancora più difficile l'organizzazione di una lotta efficace contro le lobby dei petrolieri.




In questo video è possibile vedere i terribili effetti del fracking sulle falde acquifere. Dal rubinetto escono, insieme all'acua, fiamme provocate dal gas.


L'Europa e l'Italia

Come dicevo prima, per ora lo sfruttamento di queste risorse è una questione che interessa in larga parte gli Stati Uniti d'America. Giacimenti importanti, però, si trovano in tutti i continenti, e sono li pronti per essere scoperti e sfruttati. In Europa uno dei paesi stotto osservazione, e con le maggiori prospettive, è la Polonia, dove anche l'Italiana Eni ha acquistato delle concessioni per iniziare la ricerca si shale gas. L'Eni ha inoltre acquistato blocchi per l'esplorazione anche in Tunisia, Cina ( dove si pensa ci possano essere le maggiori riserve al mondo) e Ucraina, paese europeo con le riserve più importanti di gas "non convenzionale". Sul sito web dell'Ente Nazionale Idrocarburi, nella pagina dedicata allo shale gas, la multinazionale italiana tradisce tutto il suo ottimismo per le nuove opportunità che si sono aperte per il gas naturale. Non vi è nessun riferimento a danni ambientali o pericoli per gli esseri umani che potrebbero presentarsi con l'adozione in larga scala del fracking. Nel breve articolo, intitolato "l'età dell'oro del gas", è citato il rapporto 2011 dell'IEA (International Energy Agency), dove l'organizzazione (cupola mondiale dei petrolieri) fornisce le stime per le riserve di gas naturale presenti sul pianeta, intorno ai 400.000 miliardi di metri cubi, tali da assicurare il fabisogno di gas naturale, agli attuali consumi mondiali, per altri 250 anni. Ma non dovevamo andare oltre? E invece in questo articolo si parla di altri due secoli e mezzo di dipendenza da risorse energetiche fossili.
Un altro paese, molto vicino all'Italia, in cui si potrebbero trovare quantità significative di shale gas è la Francia, e in particolare nel sottosuolo dell'altopiano di Larzac, nella parte sud-occidentale del paese. I nostri cugini, però, si sono mossi in tempo, e grazie a organizzazioni, comitati e movimenti civici per la tutela dell'ambiente hanno indotto il governo a bloccare tutte le esplorazioni ma non la ricerca di giacimenti. Altri paesi in cui si sono iniziate le ricerche, e che avrebbero buone prospettive, sono Austria, Germania, Paesi Bassi, Svezia, Romania, Repubblica Ceca e Regno Unito. Bulgaria e Lussemburgo hanno per il momento vietato la pratica del fracking.
Venendo all'Italia, anche se ufficialmente nel nostro paese non vi è estrazione tramite fratturazione di rocce scistose, in realtà tentativi di ricerca e trivellazione sono stati fatti. Come in Emilia-Romagna, ma soprattutto in Toscana, in provincia di Grosseto, a Ribolla, paesino di circa 2mila abitanti. La prima a denunciare il fatto che anche in Italia si pratica il fracking è il fisico e ambientalista Maria Rita d'Orsogna sul suo blog. Il fatto sconvolgente è che nel piccolo paese toscano l'attività di fratturazione è stata realizzata in una vena di carbone che, come se non fosse già inquinante di per se, rende il fracking ancora pù pericoloso per l'ambiente. Nessuno sapeva nulla. O quantomeno, parlo dei giornalisti, nessuno se ne era mai occupato. La società che ha la concessione per la trivellazione è la britannica  Indipendent Resources, che si è accaparrata una concessione su di un territorio di 247 chilometri quadrati. La zona in questione, nella Toscana sud-occidentale, è storicamente nota per le sue miniere di carbone, progressivamente abbandonate nel ventesimo secolo perchè diventate poche appetibili dal punto di vista commerciale.  Il gas intrappolato nelle vacuità delle vene carbonifere è chiamato Coal Bed Methane, ed è in pratica il "fratello cattivo", come lo definisce la D'Orsogna, dello shale gas, perchè i giacimenti si trovano molto più vicini alla superficie rispetto alle scisti argillose, circa mille metri, ed è dunque molto più facile che le falde acquifere vengano inquinate. Le prime fratturazioni sono state effettuate nel 2006 e poi nel 2009, mentre oggi la società che le ha realizzate sta cercando dei partners per sfruttare al meglio il giacimento. Purtroppo nel nostro paese, povero di risorse fossili, non c'è una legislazione chiara in merito al fracking e si spera che, dato l'incombere del problema, nei prossimi anni, magari con il prossimo governo, che ha all'interno delle importanti sensibilità ambientaliste portate dal M5S, si possa correggere questo vuoto legislativo.
E un vuoto legislativo è stato ravvisato anche da uno studio commissionato dalla Commissione Europea in merito allo shale gas. L'europarlamento non ha definitivamente chiuso la porta alla pratica, ma ha messo in guardia i paesi membri sui rischi che questa potrebbe comportare sia per il consumo importante di acqua che per l'inquinamento delle falde, fino ad arrivareall'incremento dell'inquinamento atmosferico dato dalle fughe di gas che avvengono, fisiologicamente per un 30% in più rispetto al gas convenzionale, durante l'estrazione. La legislazione in materia è comunque lasciata alla discrezione dei vari paesi che compongono l'Unione Europea: come ho già accennato Francia, Bulgaria e Lussemburgo hanno già deciso di sospendere le esplorazioni, mentre altri stati membri come Polonia, Germania, Svezia, Olanda e Regno Unito hanno dichiarato che se verranno individuati giacimenti commercialmente sfruttabili si passerà all'estrazione. Il tutto, dunque, è in divenire. Speriamo solo che il vecchio continente, che tante volte ha insegnato al mondo il rispetto dell'ambiente, possa di nuovo porsi all'avanguardia di questo tipo di tematiche. Che non vuole assolutamente dire rinunciare al progresso o a risorse strategicamente importanti, tutt'altro.




Clicca per vedere l'animazione di come la fratturazione inquina le falde acquifere
 http://www.gaslandthemovie.com/swfs/100621/fracking.swf

Conclusioni

Alla fine di questo lungo, e aimè incompleto, viaggio attraverso rocce scistose, shale gas, danni ambientali e esigenze energetiche il dato di fatto incontrovertibile è quello che riguarda il pericolo per il futuro del nostro mondo. Un futuro che, come citavo all'inizio, soprattutto noi europei, avevamo immaginato libero dalle risorse fossili. La scoperta e la possibilità di estrazione di tutto questo gas naturale rimette completamente in discussione l'avvenire del nostro pianeta. Secondo un documento del Dipartimento dell'Energia americano entro il 2035 la produzione di energia elettrica da fonti rinnovabili (escluso l’idroelettrico) sarà attorno al 3% del totale, un valore molto basso. Perfino più basso delle stime già fatte nel 2010. E il dato così pessimista, com'è facile intuire, è certamente influenzato dalla scoperta di così ingenti risorse di gas naturale. Un deputato al congresso americano, cito a memoria perchè non ho trovato la fonte, ha detto che "in futuro, quando gli storici studieranno la nostra epoca diranno quanto siamo stati stupidi a spendere così tanti miliardi di dollari in fonti rinnovabili. Mentre sotto i nostri piedi si celava una tale quantità di risorse energetiche. Una nuova era degli idrocarburi". Speriamo di no, ma il pericolo è serio, e non solo quello imminente provocato dall'inquinamento delle falde a causa della fratturazione, ma anche e soprattutto quello a lungo termine riguardante l'inquinamento atmosferico che genera l'effetto serra, dato dalla mancata riduzione del consumo di gas, petrolio e carbone. La partita energetica che si giocherà nei prossimi decenni, e che avrà come posta in palio la sopravvivenza del nostro pianeta, alla luce di tutto ciò diventa ancora più difficile, ma allo stesso tempo fondamentale. E tra le ipotesi, per il fronte ambientalista, non è contemplata la sconfitta. Un'ultima ma importante amara constatazione: i giornali italiani, che in questi giorni di convulse trattative politiche per la formazione del nuovo governo, si arrabattono per avere una dichiarazione di questo o quel politico, non hanno parlato quasi per niente del problema del fracking. Una notizia di tale portata, capace di sconvolgere gli assetti geopolitici mondiali, non interessa gli italiani? Io penso di si. E penso che magari sarebbe il caso di dare più spazio a temi di questo tipo, anche per creare tra l'opinione pubblica di questo paese una sensibilità che oggi latita.

Per approfondire il tema consiglio la visione del documentario Gasland.
Sito ufficiale del documentario: http://www.gaslandthemovie.com/
Documentario in streaming dal sito noncicredo.org: Clikka qui
Questo articolo è stato realizzato usufruendo dei dati pubblicati da noncicredo.org, il blog di Maria Rita D'Orsogna, articoli trovati sui siti de La Stampa, Il Sole24Ore, Il Fatto Quotidiano, Repubblica.


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