martedì 17 marzo 2009

Molise: le comunità locali vogliono contare di più




Prendere parte alle decisioni, avere voce in capitolo su temi che riguardano direttamente il territorio e incidere sul proprio futuro. Sono queste le richieste delle comunità locali italiane troppo spesso messe da parte nelle decisioni che contano. Nel nostro paese, in particolare per quanto riguarda le infrastrutture, le decisioni di agire su un territorio cadono dall'alto sulla testa dei cittadini senza che questi possano dare la loro opinione o suggerire migliorie. Questo atteggiamento della politica statale, nel corso degli anni, ha provocato veri e propri scempi, oltre a opere odiate da coloro che le utilizzano. Sono ancora vive nella memoria dell'opinione pubblica le furibonde proteste, accentuate dalle puntuali manganellate della polizia, dei comitati nati per contrastare il completamento della Tav, e l'ampliamento della base americana di Vicenza. Questi due casi sono solo la punta di un iceberg, gli esempi che hanno avuto più visibilità e che hanno ricevuto la solidarietà di molte persone da tutta Italia, ma sottotraccia, e lasciati alle sole forze di comitati cittadini formati da poche decine di persone, ci sono centinaia di situazioni di conflitto tra comunità locali e amministrazioni.



Il caso di cui vorrei parlare, e che maggiormente mi sta a cuore, è quello del Molise. Come ho già messo in evidenza in un post di qualche giorno fa, la picola regione del centro-Italia stuzzica i voraci appetiti di molti imprenditori del settore energetico. Le cause di questo assalto al fortino, la situazione sta assumendo questi connotati, sono varie e per lo più riconducibili allo scarso peso politico della regione e alla sua perifericità mediatica. Il Molise è una regione che non appare spesso sui giornali nazionali, probabilmente perchè non accade nulla di appetibile giornalisticamente, ha un territorio per lo più vergine e i siti industriali riguardano solo la zona costiera, dove si trovano alcune grandi fabbriche. Inoltre l'inurbamento, specie nell'entroterra, è limitato e caratterizzato da piccoli paesi distanti l'uno dall'altro. Dunque c'è molta terra da sfruttare a scopo industriale, e dato che l'agricoltura, se non praticata aggregando grossi appezzamenti in grandi aziende o cooperative ormai non è più affatto remunerativa, si può ben capire la facilità con cui gli emissari delle aziende reperiscono terreni adatti alla produzione di energia.



Ma il problema più grande riguarda la capacità
della classe dirigente regionale di tutelare i propri cittadini elettori. Stiamo parlando di una classe politica vecchia e decrepita, ancora completamente legata ad un costume politico che fa della sudditanza al partito di riferimento il proprio modus operandi. Non c'è stato un rinnovamento dei ranghi dirigenziali, e questo ristagno, come d'altronde è avvenuto per la Dc in ambito nazionale, ha provocato storture e cristallizzazione di posizioni e incarichi. Una prova di questo è il maxiprocesso di Larino riguardante la corruzione e la frode nella sanità regionale, facente capo all'inchiesta black hole. Nella rete degli investigatori sono caduti molti nomi noti della politica e dell'establishment regionale.



Questa incapacità di far sentitre la propria voce, quando lo Stato decide di costruire infrastrutture sul territorio regionale, si traduce in un sentimento di frustrazione che si sta facendo largo tra la popolazione. In Molise sono stati presentati, fino a marzo 2007, 661 progetti per l'installazione di impianti eolici, di cui 320 sono stati approvati, per una capacità produttiva che a oggi è di 35,4MWh all'anno. Un enormità per una regione che consuma molto meno. Con questo non voglio assolutamente dire che una regione deve produrre per quanto consuma. Lo spirito di solidarietà nazionale induce, come il Molise ha sempre fatto, a disporre risorse in eccedenza a beneficio delle altre regioni. Detto questo, però, non è giustificabile un accanimento, come quello che sta subendo il territorio molisano, che sta sconvolgendo sia il paesaggio che l'ambiente. Spuntano pali eolici dappertutto come funghi, stimolati anche da una legislazione, in merito alle concessioni d'impianto, altamente insufficiente o quantomeno sbagliata. Paradossalmente, per quanto riguarda il discorso del concorso popolare alle decisioni, attualmente è possibile per un emissario di un azienda del settore energetico trattare direttamente con il contadino proprietario della terra. Le offerte che vengono fatte dalle aziende sono talmente vantaggiose, si parla di 8mila euro l'anno per interdire solo 50m quadrati di terreno, che molte persone vanno alla ricerca di questi emissari, dato che coltivare un ettaro di terra non frutta che mille euro l'anno, e ci si ammazza di lavoro.



Insomma, ciò che la gente chiede è di essere messa al corrente di decisioni che la interessano da vicino. Non per poter organizzare meglio le proteste, come molti potrebbero pensare, ma per poter concorere alla realizzazione del progetto. Naturalmente, come nel caso delle 5 centrali a biomasse progettate nella Valle del Trigno, non si può chiedere ad una comunità, di fronte al futuro della propria salute, di fare spallucce e accettare supinamente di fare arricchire pochi a discapito di molti. Dopotutto un modello decisionale partecipato, in alcuni casi, può rendere meno amara la pillola da ingoiare, o addirittura, con una buona informazione sui progetti, entusiasmare una popolazione troppo spesso vista come intralcio, ma che in realtà a solo a cuore la propria sorte e quella del paese.


1 commento:

  1. tutto molto bello.
    solo mi sorge spontanea una domanda:

    che minchia è sto molise di cui parli?

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