giovedì 16 aprile 2009

Terremoto in Abruzzo: analisi necessarie


Da quando, domenica scorsa, l'Abruzzo è piombato nell'emergenza sisma, la parola d'ordine tra istituzioni, mondo politico e informazione è stata "coesione". In pratica si è detto: "bando alle polemiche e diamoci da fare, c'è da affrontare un'emergenza e bisogna farlo senza veleni". Ok, questo è stato fatto. L'opposizione ha adottato il basso profilo e ha dato carta bianca al governo sulla gestione delle operazioni di soccorso, il mondo mediatico, quasi al completo, si è allineato in modo diligente sulla retorica celebrativa dell'efficienza della protezione civile, e sullo spirito di coesione nazionale dimostrato dall'Italia nei giorni più critici. Il profluvio di notizie giunto dai luoghi del disastro, com'è giusto in un primo momento, ha prediletto le storie e i drammi di coloro che il sisma l'hanno subito sulla loro pelle (dimostrando una grande e non retorica dignità). Fino a qua tutto bene. Ma se si volesse invece analizzare più nel dettaglio cosa realmente è successo prima e dopo il terremoto ecco che si viene tacciati di disfattismo e pelosità. A me hanno sempre detto che il dovere dell'informazione, un compito a volte scomodo e impopolare, è quello di cercare ad ogni costo la verità. Questo è tanto più vero se alla verità sono legate le sorti di tante persone, morte o che hanno perso tutto. Non c'è nulla di male nel porre alcuni quesiti che, a dieci giorni da quella tragica e irrimediabile notte, sono più che leggittimi, anche se producono un corollario di aspre polemiche. Ma come non possono essere caustiche le discussioni legate a una sciagura che a parere di molti poteva essere limitata, o quantomeno alleviata? Certo c'è modo e modo di parlare e analizzare l'operato della protezione civile, in particolare prima del sisma. Ma va fatto. La domanda intorno alla quale tutto ruota è perchè, dato che l'attività sismica nella zona dell'Aquila andava avanti ormai da alcuni mesi, gli organi competenti non abbiano approntato misure adatte a fronteggiare una situazione che stava diventando sempre più imminente. Dalle testimonianze di molti che hanno partecipato al primo soccorso, cioè nella notte di domenica, viene fuori un'impreparazione che, quantunque sia stata riscattata in seguito, ha dell'incredibile. Quella notte, e per quasi tutta la giornata di lunedì, in servizio all'Aquila, capoluogo di regione, c'erano soltanto 15 vigili del fuoco, che con tutta l'abnegazione di cui sono stati capaci ben poco hanno potuto di fronte al disastro che si stava profilando. Inoltre i primi volontari accorsi hanno scavato a mani nude per tutta la giornata, senza avere a disposizione neanche un paio di guanti. Cercando di non cadere nell'errore di giudicare l'accaduto con il senno del poi, non sarebbe stato saggio rinforzare gli organi di primo intervento, in una zona che da quattro mesi registrava scosse più o meno forti? Per non parlare poi delle tende e dell'installazione dei primi alloggi di fortuna, in una zona fredda come quella alle falde del Gran Sasso. Tolta la sbandierata efficienza registrata nella città dell'Aquila, e il primo interesse dei media per i piccoli borghi duramente colpiti dal sisma, come Onna o Pizzoli, da qualche giorno le uniche immagini e notizie ci giungono solo ed esclusivamente dalla tendopoli di Piazza d'Armi all'Aquila. Molti paesini hanno ottenuto le prime tende solo qualche giorno fa, e a Campotosto, dove il sisma è arrivato in seguito alla migrazione dell'epicentro, molte persone sfollate per paura hanno visto i primi militari solo sabato scorso. E la situazione non è migliore in molti altri piccoli centri dei quasi 120 paesi interessati seriamente dal sisma. Fa freddo, e non ci sono le stufe, serve l'acqua per lavarsi, e l'acqua scarseggia, serve assistenza medica all'enorme massa di anziani, e con tutti gli sforzi degli operatori sanitari non è possibile essere sempre presenti e puntuali. Badate bene, l'impegno di coloro che si stanno facendo il "mazzo" in Abruzzo non è messo assolutamente in discussione. Ma sarebbe stato tutto più facile se ci si fosse preparati prima. Magari accumulando tende, materiali e mezzi necessari a una situazione più volte vista in Italia. La cosa scandalosa, comunque, non è l'impreparazione dei soccorsi, ma la reazione sperticata del governo di fronte a chi cerca di fare chiarezza. L'analisi e la comprensione degli errori sono fondamentali per l'evoluzione del nostro sistema d'emergenza. E' importantissimo non ripetere gli stessi errori, anche se l'Italia è un paese dalla memoria troppo corta, e dai precedenti terremoti non si è avuto un reale avanzamento della prevenzione. La protezione civile fà il possibile con quello che ha, a dispetto dei reiterati tagli al bilancio subiti ogni qual volta c'è una crisi. Questo vale anche per la messa in sicurezza degli edifici pubblici. Purtroppo la regione Abruzzo, come d'altronde lo stato italiano, vive da tempo una profonda crisi economica, e la politica in periodo di ristrettezze rinuncia quasi sempre alla sicurezza, che è meno visibile e ancor meno spendibile dal punto di vista elettorale, prediligendo opere più visibili ma, forse, meno necessarie. Speriamo che questa ennesima catastrofe serva almeno a fare dei passi in avanti.

Nessun commento:

Posta un commento